Quattrocento anni fa, Galileo osservava i cieli tramite un potente telescopio di sua invenzione. Le sue scoperte astronomiche rivoluzionarono il mondo scientifico della sua epoca, ma gli costarono la condanna per eresia. Una lettera considerata perduta, datata 21 Dicembre 1613 e incredibilmente ritrovata in una biblioteca della Royal Society, ne è la prova. Ma andiamo per ordine.
Cosa narrano i cieli di Galileo?
Cerchiamo di cogliere che cosa è accaduto di sorprendente in quelle notti di paziente osservazione tra il 1609 e il 1610 a Padova. Galileo Galilei; fisico, astronomo e matematico, fa scoperte straordinarie e le condividerà immediatamente, ma cominceranno anche i suoi guai col Sant’uffizio.
La terra gira intorno al sole
Galileo osserva, osserva e scopre. Scopre, tanto per cominciare, che la Luna ha montagne e crateri, che la Via Lattea è un ammasso infinito di stelle e non di vapore. Scopre che Giove ha quattro satelliti. (Si, oggi sappiamo tutti che attualmente ne contiamo 79, ma vederne 4 con quello che praticamente era un binocolo non era facile). Inoltre prende una posizione a favore della scienza sostenendo la tesi Copernicana, cioè la teoria Eliocentrica. Teoria che sostiene sia la terra a girare intorno al sole e non viceversa come sosteneva la Chiesa. Non è una questione da poco, nel 1600, mettersi contro il Santo Uffizio, poteva costarti la vita.
La lettera di Galileo
Salvatore Ricciardo (Università di Bergamo) si è imbattuto in qualcosa di assolutamente inaspettato. Tra i documenti conservati negli archivi della Biblioteca della Royal Society a Londra, Ricciardo ha ritrovato la lettera che Galilei scrisse nel dicembre 1613 all’amico Benedetto Castelli. Una lettera finora ritenuta irrimediabilmente perduta, il cui ritrovamento può gettare nuova luce sulle fasi iniziali del processo intentato dall’Inquisizione . Un processo che, vent’anni più tardi, porterà alla condanna e all’abiura di Galileo. Una scoperta davvero importante, insomma, non a caso immediatamente diffusa e sottolineata online dalla rivista Nature.
Il passaggio cruciale della lettera
«Avendo io dunque scoperto e necessariamente dimostrato, il globo del Sole rivolgersi in sé stesso, facendo un’intera conversione in un mese lunare in circa, per quel verso appunto che si fanno tutte l’altre conversioni celesti. Ed essendo, di più, molto probabile e ragionevole che il Sole, come strumento e ministro massimo della natura, quasi cuor del mondo, dia non solamente, com’egli chiaramente dà, luce, ma il moto ancora a tutti i pianeti che intorno se gli raggirano…». Per il documento integrale cliccate qui.
Il processo a Galileo
Il processo iniziò a Roma il 12 aprile 1633 e si concluse il 22 giugno 1633, con la condanna per eresia e con l’abiura forzata delle sue concezioni astronomiche. La lettera scritta all’amico Castelli, venne allegata alla denuncia formale al sant’uffizio. Galileo ne scrisse delle copie modificate, per attenuare la sua posizione, ma non bastò. La condanna, seguita poi dall’abiura, venne trasformata in arresti domiciliari che Galileo scontò per tutta la vita. nel frattempo, della lettera originale, si era persa ogni traccia.
La Chiesa riconosce l’ingiusta condanna
Solo nell’ottocento la Chiesa inizia a riconoscere i suoi errori e a riabilitare lo scienziato pisano. E’ il 1822 quando papa Pio VII, con la concessione dell’imprimatur all’opera “Elementi di ottica e astronomia” del canonico Settele, riconosce la teoria consolidata e del tutto compatibile tra la fede cristiana e il sistema copernicano. E’ Giovanni Paolo II che riconosce definitivamente l’ingiusta condanna dello scienziato e gli errori che portarono la Chiesa a condannare il più illuminato degli scienziati.