The Wall dei Pink Floyd, oggi 30 novembre festeggia i suoi primi quarant’anni e l’incomunicabilità è stata l’origine di tutto. Roger Waters, leader della band inglese e bassista non riusciva più a dialogare col pubblico, non lo capiva più.
The Wall
Il 6 luglio del 1977, i Pink Floyd sono in Canada per il tour Animals. Durante un concerto, Waters, esasperato ha uno strappo drastico con i fans. Da quel momento cambia tutto. Waters si chiude per mesi. Una parete ideale che lo isola dal resto del mondo. Sembra che il bassista per raccontare la sua alienazione verso la società e il sistema, disegna decine di mattoni bianchi, uno sull’altro.
Da lì arriva l’ispirazione. Il musicista pensa di fare uno show rock con un muro tra la band e il pubblico. Waters stende le prime parole. S’inventa un alter ego che decide di chiamare Pink, e inizia a lavorare alla stesura del brano Mister Waters. Così nasce il concept album più famoso della storia della musica. Il lavoro parte forse dal fatto che il leader della band non ha conosciuto il padre, morto ad Anzio, durante la Seconda guerra mondiale.
The Wall dei Pink Floyd
Waters tira fuori la rabbia per aver sofferto la rigidità di certi suoi insegnanti durante gli anni scolastici. Lascia venir fuori anche il trauma dei tradimenti e la conseguente separazione da Judy Trim, la prima moglie. The Wall nasce quindi da un vuoto esistenziale. La politica, la guerra, arrivano solo dopo. Waters lavora su testo e musiche notte e giorno incessantemente. Presenta il materiale agli altri componenti del gruppo un po’ perplessi.
Sia David Gilmour che Nick Mason, tuttavia lo appoggiano. La registrazione sarà molto travagliata, molto più di quanto si possa immaginare. Nondimeno, dopo liti e riconciliazioni in studio di registrazione, il prodotto finale è un capolavoro. Il disco esce il 30 novembre 1979 e vende oltre venti milioni di copie. Mai come stavolta le paranoie di un singolo riescono a dar vita a un immaginario così universale. “Another Brick In The Wall part 2”, è il faro.
Bob Geldolf
E’ il brano figlio dell’unione del coro degli studenti di musica del professor Alun Renshaw dell’Islington Green School, con la chitarra di Gilmour. Anche la trama di questa traccia è strettamente connessa all’adolescenza di Waters, scavando nel suo passato di studente. Tre anni dopo l’uscita del disco, The Wall diventa anche un film. L’opera va fuori concorso al 35º Festival di Cannes. A dirigerla è Alan Parker, lo stesso regista di Fuga di mezzanotte e Mississippi Burning. Il ruolo di Pink è del cantante Bob Geldof, che di lì a qualche anno darà vita al Live Aid.
Fra gli attori anche Bob Hoskins. In quarant’anni l’album rivive altre mille volte. Negli anni Ottanta in Sudafrica, “Another Brick In The Wall”, è canzone di protesta contro i metodi oppressivi d’insegnamento, come inno anti-apartheid. Nella Germania divisa tra Est e Ovest, The Wall si trasforma nel vessillo contro il Muro di Berlino.
Potsdamer Platz
Al riguardo, nel 1990, il musicista inglese è chiamato a suonarlo dal vivo a Potsdamer Platz davanti a 350.000 persone. Oggi la metafora del muro è sempre più trasversale e può essere applicata ovunque. L’incomunicabilità non è tramontata, esistendo sovente nei social. Anche i social network creano barriere. Dal 1979 a oggi il concerto di The Wall è stato replicato 220 volte. Se quel muro che circonda la Palestina dovesse davvero cadere, Waters dice che andrà lì a presentare per l’ultima volta The Wall. È una promessa che ha fatto tanti anni fa e che vale ancora oggi. Auguri!