Gianluca Raso è un calabrese di origine. Ormai vive in Inghilterra da più di 10 anni. Lavora come capo dipartimento di una scuola. Vive a Bracknell con la sua famiglia di cui è particolarmente fiero.
“Sono spostato con due bambini. Mia moglie è francese e i miei bambini parlano tre lingue, andando a scuola qui. Questa è una cosa di cui sono molto orgoglioso. Quando abbiamo avuto mia figlia, io le parlavo in italiano, mia moglie in francese e lei ha imparato l’inglese solo tre anni dopo quando ha iniziato la scuola e ora parla le tre lingue abbastanza perfettamente. Mio figlio piccolo, col fatto che già l’inglese fosse instaurato a casa, le lingue le capisce ma non ha tanto voglia di parlarle, però le capisce.” Ci ha raccontato.
Ecco la sua intervista.
Ciao Gianluca ti puoi presentare a It Londra?
Ciao sono Gianluca ho 36 anni e ormai sono più di 10 anni che vivo in Inghilterra, sempre attorno a Londra, finchè non mi sono stabilito a Bracknell. Ho iniziato la mia carriera nell’educazione, nelle scuole, dopo aver studiato Lingue in Calabria e di questo ne sono grato: grazie ai mie studi sono arrivato dove sono ora.
Ho iniziato dal piccolo, l’assistentino, il professorino, il corso. Sono poi riuscito a trovare il posto di assistente di lingua italiana in una scuola cattolica del Galles e da lì mi sono appassionato al mondo dell’educazione inglese che è molto diverso da quello italiano. Dopo un anno di studi lavoravo a tempo pieno in una scuola a Londra, a Richmond. Piano piano ho trovato la scuola giusta per i miei bisogni.
Subito ho notato che impegnandomi la gente ti valuta, vuole che rimani e sono riuscito ad ottenere promozioni che all’inizio della carriera non mi sarei aspettato. Solo dopo due anni di insegnamento sono diventato capo di un dipartimento, che conta dieci persone. E’ una scuola di mille e più studenti e avevo soltanto 29 anni. Poi sono rimasto in questo mondo dell’educazione inglese.
Qual è la differenza tra il sistema scolastico italiano e quello inglese?
La prima cosa che mi colpì fu che in Inghilterra non esiste la bocciatura. Se tu sei un ragazzo che ha problemi, non ti concentri, non ti metti sotto, tu comunque vai avanti con voti brutti e probabilmente non andrai all’università e a 18 farai un corso per diventare un bravo meccanico, idraulico. Già questa cosa mi ha subito colpito in modo positivo. Effettivamente per un ragazzo che non è accademico rimanere un anno in più a scuola penalizza lui gli altri ragazzi. Invece qui c’è il sistema di andare sempre avanti cercando comunque di fornirgli il miglior sistema educativo possibile.
Un’altra cosa che mi ha colpito è che si danno i voti a secondo di come si è predisposti all’educazione: c’è un calcolo matematico abbastanza complicato che dice a che voto deve ambire qualunque ragazzo. Un’altra differenza è che puoi scegliere le materie e lasciare quelle per cui non si è predisposti all’età di 13 anni.
Secondo questo sistema è diverso in modo positivo o negativo?
Secondo me la teoria è positiva perché è un sistema rigido e forte. Il problema, a mio avviso, è che il ragazzo tipico inglese è svogliato, non vuole studiare, si annoia subito. C’è mancanza di rispetto nei confronti di chi educa e dell’educazione. Qui può essere difficile. Quindi la teoria è buona e può essere d’ispirazione anche per altri paesi.
Che consiglio può dare a chi si trasferisce a Londra e vuole intraprendere la sua carriera?
Io suggerirei a tutte quelle persone che hanno intenzione di insegnare di avere gli studi e le carte giuste. Qui vedo persone che vengono dalla Cina, dalla Spagna insegnare informatica, religione. Nessuno ti pone limiti solo perché sei straniero. Naturalmente si deve fare un po’ di gavetta. Consiglierei a chi è nel mondo dell’educazione, che è bloccato in Italia tra graduatorie, lo spostarsi dal Nord al Sud o viceversa, venire qui e provare questa esperienza. C’è sì il limite dell’inglese che però si supera in un anno. Ma qui se vai bene negli studi in 10 anni puoi diventare direttore di una scuola.
E lei pensa che nonostante sia in atto la Brexit questo potrebbe non cambiare?
Il primo giorno post Brexit i miei colleghi venivano in lacrime a chiedermi scusa. Di questa cosa ne parlano tutti, io sono un po’ positivo. Secondo me una luce alla fine del tunnel c’è. Per noi che abitiamo da tanto qui non ci sarà nessun tipo di cambiamento, al massimo si dovrà fare una carta in più. Secondo me una volta che si mettono d’accordo con l’Europa su cosa sia giusto o no, non cambierà nulla. Agli inglesi servono persone che vengono da fuori e l’italiano medio è una persona che lavora bene. Non penso che Brexit porrà alcun limite aggiuntivo.
Mi parli della sua Londra, cosa le piace e cosa no?
Iniziamo dal lato positivo. A livello organizzativo è meglio dell’Italia. Qui se fai bene si vede. Il sistema di comunicazione poi funziona molto meglio. Io vengo dal Sud, in Calabria c’è un treno al giorno, invece qui c’è un treno ogni venti minuti. Non esiste l’idea di perdere il treno, anche se io ancora questa paura ce l’ho. Perdere il treno è un disastro in Italia, qui non fa nè caldo e nè freddo. Parlando di casa- elettricità e altro- a livello di offerta ci sono tante compagnie a cui ti puoi rivolgere. In Italia è tutto dettato, c’è quella compagnia della luce e del gas, qui ce ne sono sette e otto.
Mi piace anche il modo in cui sono sviluppate le città, tutti i centri sono uguali. Manca la sì la sensazione di trovare un posto pittoresco, diverso ma sai che nelle città nuove trovi dei posti che ti piacciono e allo stesso modo quelli da evitare.
Lato negativo il tempo, piove sempre e fa freddo e per noi meridionali questa è una condanna. Vorrei sfatare un po’ il luogo comune a livello sociale. Si trova comunque un sacco di gente a cui piace passare del tempo insieme dopo il lavoro. Io ho un sacco di amici inglesi. Però sono diverse le relazioni, in Italia per esempio esiste l’invito a pranzo o a cena, qui no punto e basta. E’ quasi inutile parlarne. C’è invece il culto dell’incontrarsi al pub, farsi un giro in centro. Quindi non è vero che l’inglese non socializza, sta sempre chiuso in casa. Dipende un po’ come ti metti in gioco tu.