L’anello romano di Silvianus, è un reperto archeologico che ha una storia del tutto particolare. A quanto pare, nel 1785 un contadino inglese di Silchester, rinvenne il prezioso anello per caso in un campo arato. Gli sembrò sicuramente un vero “tesoro” inaspettato e poiché non navigava nell’oro, l’agricoltore, vendette il gioiello alla ricca famiglia dei Chute.
L’anello di Silvianus
La casa di campagna dei Cute, sempre situata nell’Hampshire, è nella tenuta chiamata The Vyne. L’anello restò di proprietà della facoltosa famiglia fino a quando, nel 1929, si seppe molto di più di questo reperto, che per tanto tempo nessuno aveva analizzato e studiato. A questo punto entra in gioco l’archeologo Mortimer Wheeler che quell’anno stava conducendo degli scavi nell’area dove sorgeva il tempio romano di Nodens, a Lydney Park.
Dagli scavi salta fuori una tavola di piombo incisa a graffio. Sulla tavola è incisa una vera e propria maledizione nei confronti di un certo Seniciano. Questo tizio è palesemente accusato d’aver rubato l’anello di tale Silvianus, che era un legionario di stanza in Britannia. Quindi il soldato sarebbe l’autore dell’anatema, o forse all’epoca pagò qualcuno per formulare la maledizione. L’anello ha un aspetto particolare ed è databile intorno al IV secolo.
Mortimer Wheeler
Il luogo del rinvenimento è inquadrabile nella zona dove c’era l’antica città romana di Calleva Atrebatum, la moderna Silchester nell’Hampshire in Inghilterra. Come dicevo, l’anello è d’oro massiccio, piuttosto grande, e guardandolo dall’aspetto curioso, si può notare subito un dettaglio peculiare. E’ un anello piuttosto grande, e forse si poteva utilizzare con un guanto, poiché aveva anche una funzione particolare. Vi è un sigillo di un diametro di 25 millimetri, e il peso è ben 12 grammi.
Non si tratta di un gioiello rotondo, ma ha dieci facce, perciò parliamo di un anello di forma decagonale. Vi è incisa la dea Venere, una delle divinità romane più importanti. Inoltre, c’è una sorta di massima, anche se errata, per un errore d’incisione. Possiamo leggere “SENICIANE VIVAS IIN DE”, che era un modo di dire romano-cristiano. Correttamente doveva essere “SENICIANE VIVAS IN DEO” che vuol dire “Seniciano, possa tu vivere in Dio”.
SENICIANE VIVAS IN DEO
Una cosa è certa, l’Anello di Silvianus è di una bellezza rara e incuriosisce molto per la sua forma, e la storia non ancora svelata, e quindi soprattutto per il mistero che lo avvolge. Una cosa è certa, l’anello era prezioso e probabilmente era stato donato al legittimo proprietario, che addirittura aveva individuato con chiarezza il ladro. Le maledizioni di quel genere, all’epoca erano una prassi comune. Anzi, questo genere di pratiche erano “frequentate” già doversi secoli prima.
Basti considerare il gran materiale rinvenuto a Roma, dov’era la fonte di Hanna Perenna! In ogni caso, l’archeologo, curioso per mestiere, si consultò addirittura con Tolkien, soprattutto per individuare la divinità invocata per la maledizione. Esiste poi a questo proposito una scuola di pensiero che lega il noto scrittore a questo anello. Alcuni sostengono che Tolkien, si sia ispirato all’Anello di Silvianus, per elaborare l’idea dell’anello dei suoi famosi scritti.
The Tolkien Society – L’anello di Silvianus
Non pochi credono che l’archeologo Wheeler, parlando con Tolkien circa il nome di Nodens presente sulla lamina di piombo, lo abbia molto incuriosito. Quindi, proprio da questo anello, Tolkien potrebbe aver tratto lo spunto. Tra l’altro, l’anello e la maledizione ad esso associata non sarebbero gli unici elementi dell’area archeologica di Lydney ad aver dato lo spunto a Tolkien per i suoi romanzi. Lo scrittore, infatti, potrebbe aver tratto ispirazione anche da un forte, conosciuto come Dwarf’s Hill, ossia “la collina del nano”. Infine, di recente, nell’allestimento della “Ring Room” alla tenuta di The Vyne, si è voluto coinvolgere la The Tolkien Society. Oggi, nella stanza dove è esposto l’anello sono presenti, oltre a una teca girevole contenente il gioiello, anche una prima edizione de Lo Hobbit e una copia della già citata maledizione, il tutto circondato da immagini di paesaggi rappresentanti la Terra di Mezzo.