Paolo Di Canio il calciatore ideale era un predestinato. Siamo negli anni ’70 in un’Italia in bianco e nero, un po’ ruvida, al Quarticciolo, nella periferia est della Capitale. E’ là che si forma un ragazzino guizzante come un’anguilla che corre dietro un vecchio pallone.
Paolo Di Canio il calciatore ideale
Paolo, figlio di un muratore e una casalinga, sgomita salendo sulle terrazze delle case popolari. Corre guizzante come un’anguilla, inseguendo un pallone, saltando, dribblando e facendo lo slalom tra bacinelle, lavatoi, e bucato steso. Immaginava di essere in un grande stadio e tra un gradino, le scarpe lise e squadre improvvisate con le ginocchia sbucciate, alla fine ci arriva.
E’ speciale Paolo, e intraprende una gavetta che lo avrebbe portato lontano. Occhi scuri guizzanti, sensuali e acuti, furbi, che non mentono però. Per lui il rispetto della maglia, dell’avversario sarebbero stati sempre un “mantra”. Ha fame di vincere quel ragazzino, che non si lascia impressionare da grandi nomi altisonanti, presidenti di squadre grondanti miliardi e manager con orologi da capogiro. Lui con quel sorriso smagliante, rimane fedele a se stesso e il dio del calcio lo sa e sorride quando Paolo scende in campo.
Paolo Di Canio alla Lazio
Gli inizi sono nella Pro Tevere Roma, ma la Lazio lo nota, aprendogli le porte della serie A. Il legame tra Di Canio e la squadra capitolina diventa indissolubile, viscerale e lo rimarrà per sempre nonostante la sua carriera si svilupperà altrove. Quando entri nel suo cuore, quello di Paolo, ci resti per sempre. I suoi compagni di squadra lo amano, sanno che sarà sempre leale. La curva e gli Irriducibili lo adorano e lui ricambia. Proprio lui, seconda punta o esterno d’attacco, ma imprevedibile per le difese avversarie. Poi arriva quel giorno all’Olimpico, è un derby che è rimasto nella storia, una partita di fuoco. I romanisti vanno in confusione.
Paolo sente fortemente il derby, la partita della vita e al 25esimo porta in vantaggio i suoi, segnando di destro sotto la Curva Sud. Domina, mettendo sotto la Roma, diventando l’idolo che volerà per sempre sulle ali dell’aquila.
Derby Roma Lazio
La gara è sua e suo è il derby. Il dio del calcio però è mutevole, capriccioso, ma ha i suoi piani. Paolo va alla Juve, una delle squadre più forti al mondo e resterà sempre anche nel cuore dei gobbi. Dalla Juventus passa al Napoli, torna alla Juve e poi il Milan, ma questo percorso sarebbe servito a portarlo oltre Manica, dove avrebbe trovato la sua dimensione. L’Inghilterra sarà il luogo della piena realizzazione, la Patria del suo calcio puro.
Di Canio sembra un pretoriano che approda in Britannia. Sa che è là che si conquisterà i galloni, dove potrà essere completamente se stesso e probabilmente sente che solo là potrà compiersi il suo destino, nella gloria, o nella polvere. Sarà ma sempre nel calco inglese che si realizzerà la sua vera identità. L’arena lo attende. Va a Glasgow, sulla sponda biancoverde del Celtic, poi allo Sheffield Wednesday.
Sheffield Wednesday
Prende anche una lunghissima squalifica, perché la zampata del leone è irrefrenabile. Ma il dio del calcio è in agguato e nel ’98 Paolo conquista il club che sarebbe diventato come una seconda casa: il West Ham United. A Upton Park il pubblico degli Irons lo incorona Hammer of the Year nel 2000 e lo inserisce nel Dream Team di tutti i tempi del club. I tifosi lo adorano per il suo coraggio, la voglia di vincere, lo stile e quell’essere italiano, capace di calarsi in quella dimensione britannica, senza snaturarsi, ma conquistandola.
Paolo Di Canio è magnetico e stringe un patto d’onore, amore rispetto che dura ancora con quella gente. L’Italia è orgogliosa di lui. Nelle cinque stagioni passate a Boleyn Ground, colleziona 51 reti in 141 presenze diventando letteralmente una leggenda. Tutti lo vogliono, anche Alex Ferguson, ma lui rifiuta e resta al West Ham.
Goodison Park – Paolo Di Canio il calciatore ideale
Vuole chiudere lì la sua carriera. E poi c’è stato un attimo, quello della consacrazione, quello che il dio del calcio sapeva che sarebbe arrivato con facondia di onori e allori. Quello in cui il pretoriano porta in alto il vessillo, l’aquila di Roma che svetta in Britannia. E’ il 18 dicembre del 2000 a Goodison Park. L’estremo difensore dell’Everton esce dalla sua area. S’infortuna al ginocchio e rimane a terra. Sinclair mette al centro la palla per Di Canio che, invece di battere a rete, ferma il gioco e prende la palla con le mani, incarnando un indimenticabile gesto di fair play. Un vero uomo non affonda il gladio nella giugulare dell’avversario quando è nella polvere, perché si combatte ad armi pari. Lo stadio va in visibilio, tributandogli una standing ovation irripetibile e Paolo entra definitivamente nella leggenda. Indimenticabile poi fu ciò che accadde il 26 Marzo 2000.
West Ham United
Quel giorno si concretizzò il gol più bello nella storia del West Ham, marcato da Paolo Di Canio. Accadde durante un derby londinese contro il Wimbledon. Ed ecco che il numero 10 sfrutta un traversone teso che arriva dalla sua destra. Di Canio si esibisce in una sforbiciata aerea e va a segno. Poi esulta alzando il dito al cielo e ripete più volte la parola “No”, mentre si guarda intorno e lo stadio è in visibilio. L’attaccante italiano ha marcato il gol più bello nella storia del West Ham United. Dopo tanti anni con -“Welcoming Paolo Home”, lo stadio del West Ham di recente ha omaggiato Di Canio, che ha intonato con lui, prima l’aria del Rigoletto La donna è mobile. Poi l’inno della squadra. I colori del West Ham, i suoi tatuaggi, sono e resteranno sempre nel cuore del pretoriano che partì da Roma, portandole gloria.